Economia

Come cambiano le pensioni di domani secondo l’OCSE

In un dettagliato rapporto, l'Ocse presenta uno spaccato sul sistema pensionistico. Approfondendo, in particolare, le conseguenze della pandemia.

di Giappichelli / pubblicato 30 Maggio 2022

Quali sono i cambiamenti degli ultimi due anni sulle pensioni? Quanto aumenterà l’età di pensionamento? Come cambierà il sistema pensionistico nel prossimo futuro? Secondo l’OCSE, la situazione delle pensioni è in evoluzione, come discusso nell’ultimo rapporto “Pensions at a Glance” che fa luce su una situazione aggravata in particolare dalla crisi economica causata dal Covid-19.

Secondo le stime dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, gli effetti dell’emergenza interesseranno soprattutto chi sta entrando nel mondo del lavoro in questi anni. La pandemia dal punto di vista sanitario ha toccato principalmente la fascia anziana della popolazione, mentre saranno i più giovani a subirne le conseguenze economiche.

Come cambiano le pensioni di domani secondo l’OCSE

Il report dell’Ocse, infatti, prevede che in Europa l’età pensionabile aumenterà, in media, di più di due anni: chi nel 2020 è entrato nel mondo del lavoro con un’età di 22 anni, cioè, potrà andar in pensione soltanto compiuti i 71 anni. Un cambiamento che riguarda tutti i Paesi membri, chiamati a fare i conti con i numerosi effetti a lungo termine della pandemia e il continuo invecchiamento della popolazione: si prevede che nel 2050, ogni cento persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni, ci saranno 74 persone di 65 anni o più. Un caso limite è rappresentato dalla Danimarca, dove l’età utile per il pensionamento (attualmente di 65 anni e mezzo) s’impennerà a 74 anni. E in Italia? Al momento il nostro Paese si colloca al secondo posto insieme all’Estonia: mentre oggi già a partire dai 62 anni si può ottenere la pensione, secondo l’Ocse l’età aumenterà fino a 71 anni.

Come cambiano le pensioni di domani secondo l’OCSE

Non solo. L’Italia vanta una delle maggiori spese pensionistiche pubbliche, come sottolinea “Pensions at a Glance”: «La concessione di benefici relativamente alti a pensionati giovani fa sì che la spesa pensionistica pubblica si collochi al secondo posto tra le più alte dei Paesi dell’Ocse, pari al 15,4% del Pil nel 2019». Il primato spetta alla Grecia, con una spesa rispetto al Pil del 15,48%. Bisogna rilevare che la spesa pensionistica in Italia è aumentata del 2,2% del Pil tra il 2000 e il 2017, ma secondo il Documento di economia e finanza (DEF) approvato dal Governo il 6 aprile, è destinata a crescere, fino a raggiungere il 16,7% del Pil nel 2030 e il 17,4% nel 2036.

Numeri che pesano, considerando anche che aggraveranno le disuguaglianze tra chi è già in pensione e chi non lo è. Come s’è visto durante l’emergenza Covid, chi era nel mondo del lavoro ha combattuto con una maggiore precarietà, spesso dovendo sospendere la propria attività, mentre i pensionati hanno goduto di misure di sostegno e tutele diverse. In alcuni Paesi Ue, inoltre, l’ammontare delle pensioni rispetto ai redditi medi nazionali tocca valori significativi: in Italia, ad esempio, è pari al 100% del reddito medio nazionale (il reddito di chi è in pensione è uguale a quello di un lavoratore medio).

Come cambiano le pensioni di domani secondo l’OCSE

Per far quadrare i bilanci, però, gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno presto tener conto dell’invecchiamento progressivo della popolazione: in dieci anni, tra il 2008 e il 2018, è cresciuto di un quinto il numero di pensionati. Un risultato dovuto all’aumento dell’età media e dell’aspettativa di vita, insieme ad un basso tasso di fertilità: «Permane la pressione finanziaria di lungo periodo associata all’invecchiamento demografico», si legge nel Rapporto. «Per i prossimi due decenni si prevede che il ritmo dell’invecchiamento demografico avanzi velocemente. Si stima che entro il 2060 la popolazione in età lavorativa diminuirà di più di un quarto nella maggior parte dei Paesi dell’Europa meridionale, centrale e orientale».

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